ROMA – Il Consiglio dei ministri, lo scorso 22 dicembre su proposta del premier Paolo Gentiloni, ha deliberato e concesso le autorizzazioni necessarie all’esecuzione del progetto, come è stato reso noto da un comunicato ufficiale di Palazzo Chigi , ai sensi dell’articolo 57 della legge n.5 del 9 febbraio 2012 – il cosiddetto decreto “Semplifica Italia”, convertito nella legge n.35 del 4 aprile 2012 – e dell’articolo 14-quater della legge n.241 del 7 agosto 1990 (“Nuove norme sul procedimento amministrativo”).
Nel comunicato stampa del Consiglio dei Ministri si legge infatti che l’esecutivo nazionale si è appellato al “superamento della mancata intesa”con la Regione Puglia dando il “consenso alla prosecuzione del procedimento dell’istanza di autorizzazione per l’adeguamento delle strutture di logistica presso la raffineria di Taranto della società ENI S.p.a., in considerazione della grande rilevanza strategica dell’opera per le politiche energetiche nazionali”
Un’ ennesima sconfitta per le solite posizioni ostruzionistiche di Emiliano, che in realtà si opponeva cercando di bloccare l’intesa battendo cassa, cioè chiedendo alle multinazionali petrolifere delle royalties . Il progetto “Tempa Rossa” della Total che prevede di stoccare in Puglia, per poi esportarli, i 50 mila barili di greggio che la multinazionale francese estrarrà dall’omonimo giacimento della valle del Sauro, in Basilicata, quindi a questo puntosi farà godendo di tutte le autorizzazioni necessarie (legalmente parlando)
Nella nuova rivisitazione del progetto il Governo conta infatti di raffinare il greggio lucano estratto dalla località “Tempa Rossa”, ubicata nell’alta valle del Sauro, presso la raffineria Eni di Taranto, utilizzando, le agevolazioni e gli sgravi fiscali che saranno introdotti con il nuovo strumento della Zes, ovvero la Zona Economica Speciale prevista per il Porto di di Taranto. Al momento il greggio estratto viene invece raffinato in Sicilia, presso le raffinerie di Gela e Priolo.
Nel novembre 2015 il ministero dello Sviluppo economico con determinazione conclusiva del procedimento, attivato su istanza della società Eni per l’autorizzazione e l’adeguamento delle strutture di logistica presso la Raffineria Eni di Taranto, aveva concesso esito favorevole, sostenendo che “sussistono pertanto i presupposti per l’emanazione del relativo provvedimento di autorizzazione, previa intesa della Regione Puglia, ai sensi dell’articolo 57 del decreto legge n.5 del 9 febbraio 2012, convertito nella legge n.35 del 4 aprile 2012.”
Il Governatore pugliese non si pronunciò, commettendo l’errore (dal punto di vista degli ambientalisti locali) di sottovalutare la questione che presto lo ha letteralmente scavalcato ed ignorato tra le mani. A fine dicembre 2015 il Comune di Taranto (Giunta guidata dal sindaco Ippazio Stefàno) convocò i comitati locali. Il Comitato Legamjonici guidato dall’ambientalista Daniela Spera elencò una serie di proposte ed iniziative da attuare. La più urgente riguardava l’impugnazione del provvedimento di non assoggettabilità a VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) rilasciato dal Ministero dell’Ambiente, relativo all’impianto di recupero vapori connesso al progetto Tempa Rossa: secondo gli ambientalisti locali le società non avevano mai indicato quali idrocarburi avrebbero recuperato e quali sarebbero stati immessi in atmosfera.
Legamjonici invitò il Comune di Taranto a chiedere il pronunciamento della Regione Puglia in risposta al ministero dello Sviluppo economico. Il Consiglio comunale, accogliendo le richieste del comitato, votò una delibera e contestualmente prese atto della decisione del TAR (il Tribunale Amministrativo Regionale) che dava ragione ai ricorrenti di Tempa Rossa, ed evitò uno scontro politico-legale, temendo anche una pressochè richiesta di risarcimento danni da parte delle compagnie petrolifere.
Questa reazione potrebbe essere anche attuata della cordata guidata da Arcelor Mittal, qualora il Tar di Lecce dovesse rigettare il recente ricorso presentato della Regione Puglia e del Comune di Taranto, e convalidare il Dpcm sull’ ILVA. Resta da capire se Michele Emiliano e Rinaldo Melucci per un proverbiale quarto d’ora di visibilità mediatica vorranno mettere a rischio il portafoglio dei contribuenti di Taranto e dell’intera Regione Puglia.