Va in pensione il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Taranto che per 20 anni è stato il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Taranto. Massimo Brandimarte, 62 anni, ha lasciato dopo vent’anni, prima del tempo, il carcere di Taranto. La notizia è arrivata come un lampo al Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, segnando sul suo viso la smorfia, inconfondibile, di dispiacere; mentre i detenuti di tutta Italia si saranno, mestamente, scambiati la rassegnazione, di cella in cella.
Brandimarte è stato uno di quei magistrati che devono garantire i diritti riconosciuti ai detenuti. Sorvegliare, insomma, che le condizioni in carcere non siano degradate al punto di diventare un pena nella pena, se non addirittura peggio di una pena capitale. Visitare le strutture carcerarie, raccogliere testimonianze, verificare il livello del degrado e la salute dei cittadini all’interno delle patrie galere.
Un ruolo importante, sociale, delicatissimo, che vale la vita di migliaia di persone attualmente in carcere, che spesso sono le più deboli della società. Ed è proprio per la passione e la combattività di Brandimarte che, nel corso degli anni, intorno alla figura del magistrato si è creata un’aura quasi “mitica”. Il giudice, si dice, che spingeva detenuti non solo pugliesi a cercare di farsi assegnare o trasferire al distretto di Taranto. Di lui si racconta che abbia sempre preferito portarsi i fascicoli a casa, invece di lasciarsi le pratiche alle spalle. Uno che, nei limiti del possibile, i problemi amministrativi li risolveva piuttosto che delegarli ai farraginosi meccanismi del Dap.
Ebbene, Massimo Brandimarte, qualche giorno fa ha annunciato la volontà di andare in pensione, con qualche anno di anticipo e ieri 30 giugno è stato il suo ultimo giorno di servizio. Per l’occasione è stato organizzato un evento ufficiale. A presenziare alla cerimonia di saluto vi saranno solo istituzioni locali e colleghi della magistratura. Previsti due soli altri invitati: Rita Bernardini e Marco Pannella.
Brandimarte, già negli ultimi suoi giorni di servizio, si è levato qualche sassolino dalle scarpe. Più che sassolino, forse, è il caso di dire che il magistrato ha tirato delle vere e proprie sassate in piccionaia, verso il ministero di Giustizia. Intervistato dalla trasmissione “Radio Carcere“, curata da Riccardo Arena su Radio Radicale, il giudice ha fatto una diagnosi sullo stato di salute delle carceri. Un tema del quale la magistratura parla poco. Così, per avere un’idea, senza voler fare di tutta l’erba un fascio, lasciamo che siano i dati a parlare: 30 morti dietro le sbarre solo dall’inizio del 2015. L’ultimo dei quali si chiama Giacomo Mazza.
Detenuto nel carcere di Bergamo, Giacomo ha lamentato per settimane dolori lancinanti allo stomaco. Fino al giorno in cui dal letto della sua cella non ce la faceva proprio a muoversi. Solo a quel punto è stato portato in ospedale. Ma ormai per lui era tutto inutile. Il referto è spietato: tumore al pancreas in stato avanzato, metastasi diffuse ovunque che divorano già la sua vita. “Spero che a nessun altro debba toccare la stessa fine. Qualsiasi cosa uno abbia fatto in vita, non è giusto che muoia per la pena“. Questa sono le parole di Mazza, pronunciate poco prima di morire.
La testimonianza riproposta dalla trasmissione radiofonica, è lo spunto dal quale è partita la testimonianza di Brandimarte. “Un caso esemplare“, ha dichiarato il magistrato senza mezzi termini, “il diritto alla salute dei carcerati in Italia è negletto“. Considerando che i detenuti non possono prendere i medicinali altrove.
“Ad esempio è scandaloso che in Puglia i detenuti malati non godano di alcuna corsia preferenziale per ottenere i medicinali dalle Asl“. Un aspetto tra i molti, di una problematica complessa e diffusa in tutta Italia. Una situazione non più a macchia di leopardo, bensì a “cielo stellato”, come dice Arena, storico conduttore di Radio Carcere.
Secondo i dati della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria la situazione è allarmante: su oltre 53mila detenuti, 2 terzi sono malati. Dati confermati da alcuni recenti studi della Regione Toscana che, esaminando la situazione della carceri in altre 6 regioni, ha confermato come i malati nelle carceri rappresentino tra il 60 e il 78% della popolazione totale. Il problema principale individuato dagli studi sarebbe la mancanza di un unicum organizzativo.
Non a caso proprio i radicali, in più di un’occasione, avevano detto a Brandimarte che il suo sarebbe stato il profilo ideale per il ruolo di Garante nazionale dei detenuti. Brandimarte ha idealmente condiviso molte delle battaglie condotte dai Radicali per la dignità delle carceri.
Un magistrato e ingranaggio della macchina, ha sempre cercato di guardare al sistema penitenziario dal punto di vista di chi vi è costretto. Non è un caso se nell’ultimo suo giorno di servizio, alla cerimonia di congedo, Pannella e Bernardini saranno gli unici testimoni dì una vicinanza e di una notorietà che hanno di molto oltrepassato i confini della Puglia. Di certo, i radicali sono tra coloro che ben comprendono meglio quale perdita costituisca per il nostro sistema penitenziario l’uscita dal servizio di Massimo Brandimarte.
“L’opera di Massimo Brandimarte ha consentito alla Magistratura di Sorveglianza nel carcere di Taranto di godere della sua autorevolezza tra i detenuti, a differenza di moltri altre case circondariali italiane. – ha dichiarato l’onorevole Bernardini – Ora che il Presidente ha deciso di iscriversi nel nostro partito, lavoreremo affinchè questo carcere risolva il problema del sovraffollamento e della manutenzione della struttura”.