Accordo raggiunto tra Vivendi e Poste Italiane per la cessione del 15% delle azioni ordinarie e dei diritti di voto in Tim a un prezzo di 0,2975 euro per azione per un corrispettivo totale di 684 milioni di euro. Lo rende noto il gruppo francese in un comunicato. Al termine di questa operazione e in attesa della notifica all’Antitrust, Vivendi manterrà una quota di azioni del 2,51% ricordando che “aveva più volte manifestato l’intenzione di vendere la sua partecipazione in Tim a condizioni finanziarie favorevoli”. Il gruppo era sceso sotto la soglia del 20% lo scorso 18 marzo.

Poste Italiane salirà al 24,81%
Come deliberato dal Cda di Poste Italiane nella seduta del 26 marzo 2025, guidato da Matteo Del Fante, oggi è stata formalizzata, mediante sottoscrizione del relativo atto di compravendita, l’acquisizione da Vivendi di azioni ordinarie di Telecom Italia (Tim) corrispondenti al 15% del totale delle azioni ordinarie e al 10,77% del capitale sociale di Tim. Al suo perfezionamento, atteso entro il primo semestre del 2025, Poste Italiane – già azionista con il 9,81% delle azioni ordinarie acquisito da Cassa Depositi e Prestiti lo scorso 15 febbraio – arriverà a detenere in Tim una partecipazione complessivamente pari al 24,81% delle azioni ordinarie e al 17,81% del capitale sociale, divenendone di fatto il principale e maggiore azionista. Lo rende noto il gruppo Poste Italiane precisando che in ogni caso il gruppo “non intende acquisire una partecipazione superiore alla soglia rilevante ai fini della disciplina sulle offerte pubbliche di acquisto obbligatorie“.
Vivendi resta convinta che con un progetto industriale e un management giusto, Tim abbia un grande potenziale, per questo sarebbe orientata a restare azionista di minoranza e in quanto tale, tornare a partecipare alla governance in vista dell’assemblea del prossimo 24 giugno. Vivendi vorrebbe infatti indicare un consigliere che entrerebbe in cda, potrebbe essere lo stesso de Puyfontaine che si era dimesso dal passato consiglio nel gennaio 2023.

Il corrispettivo per l’acquisto delle azioni, pari a 684 milioni di euro (al prezzo di euro 0,2975 euro per azione), si legge nella nota, “sarà finanziato mediante cassa disponibile“. L’operazione è sospensivamente condizionata alla notifica all’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ai sensi della disciplina sul controllo delle concentrazioni tra imprese. Come precedentemente comunicato, sottolinea ancora il gruppo Poste Italiane, “è in fase avanzata la negoziazione per la fornitura di servizi per l’accesso di Postepay – società interamente controllata da Poste Italiane – all’infrastruttura di rete mobile di Tim a partire dal 1° gennaio 2026. Inoltre, sono in corso valutazioni finalizzate all’avvio di partnership industriali volte a valorizzare le molteplici opportunità per la realizzazione di sinergie tra le due aziende nei settori della telefonia, dei servizi Ict e dei contenuti media, dei servizi finanziari, assicurativi e dei pagamenti, e dell’energia“.

Poste: “Investimento strategico”
L’acquisto della quota del 15% di Vivendi che permetterà a Poste Italiane già azionista del 9,81% di salire al 24,81% “rappresenta per Poste Italiane un investimento di natura strategica, realizzato con l’obiettivo di svolgere un ruolo di azionista industriale di lungo periodo, che possa favorire la creazione di sinergie tra Poste Italiane e Tim, nonché apportare valore aggiunto per tutti gli stakeholder, oltreché promuovere il consolidamento del mercato delle telecomunicazioni in Italia“, sottolinea il gruppo Poste Italiane dopo l’accordo. Inoltre, “sono in corso valutazioni finalizzate all’avvio di partnership industriali volte a valorizzare le molteplici opportunità per la realizzazione di sinergie tra le due aziende nei settori della telefonia, dei servizi Ict e dei contenuti media, dei servizi finanziari, assicurativi e dei pagamenti e dell’energia“.
Il riassetto è in linea con l’obiettivo del Governo di ricreare un campione nazionale nel settore delle telecomunicazioni e allo stesso tempo di difendere Tim, che dopo lo scorporo della rete e il conseguente abbattimento del debito iniziava a diventare appetibile anche per operatori stranieri e, infatti, era finita nei radar di un altro operatore francese, Iliad, e dei grandi fondi di private equity.