ROMA – All’interno dei faldoni dell’inchiesta della Procura di Perugia sul “mercato” delle nomine al Csm compaiono due altri nomi. Si tratta di due magistrati, consiglieri togati, della corrente Magistratura Indipendente: Corrado Cartoni, attualmente giudice presso il Tribunale di Roma, ed Antonio Lepre, pubblico ministero della Procura di Paola in Calabria. Cartoni è membro della terza commissione del Consiglio, mentre Lepre è membro della quinta commissione , cioè quella che valuta le candidature per gli incarichi direttivi e semidirettivi.
Secondo l’informativa del Gico della Guardia di Finanza contenente il risultato investigativo pedinamenti e le intercettazioni telefoniche , vengono documentati delle riunioni “carbonare” a cui hanno partecipato il pm Luca Palamara, ex presidente della Anm ed ex consigliere del Csm, attualmente indagato per corruzione e “regista” delle grandi operazioni che volevano determinare la geografia negli uffici giudiziari chiave del Paese, e sopratutto i suoi interlocutori nel “Palazzo” : a partire dal parlamentare del Pd, Cosimo Ferri, magistrato ex sottosegretario alla giustizia e “dominus” della corrente di Magistratura Indipendente della quale è stato segretario), e l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Matteo Renzi, successivamente ministro Luca Lotti. Incontri avvenuti nel mese di maggio appena terminato, in almeno tre occasioni.
Secondo quanto riferiscono fonti investigative qualificate, le intercettazioni dei finanzieri del Gico “fotografano” infatti i magistrati Cartoni, Lepre e Palamara, con i parlamentari Ferri e Lotti beccati a discutere del “dopo Pignatone“, cioè della nomina del suo successore alla guida della procura di Roma, che sembra essere diventata un’ossessione per Lotti, conseguenziale probabilmente al suo coinvolgimento nell’ “inchiesta Consip“, condotta dal pool dei reati contro la pubblica amministrazione guidata da Paolo Ielo che pochi mesi insieme al pm Mario Palazzi avevano chiesto per lui il rinvio a giudizio e negli incontri delle ultime settimane Lotti avrebbe sostenuto la necessità di un cambio di rotta, patrocinando la candidatura del procuratore aggiunto di Firenze Marcello Viola, invece di quello di Palermo Francesco lo Voi, considerato troppo vicino alla gestione Pignatone.
Un’inchiesta che Lotti ritiene una macchinazione in suo danno. Infatti non a caso l’ex ministro Pd braccio destro da sempre di Matteo Renzi è da tempo alla ricerca di di un editore che gli pubblichi un suo libro sulla vicenda “Consip”. Il tenore ed i modi di questa cricca della malagiustizia, le loro parole intercettate non devono essere molto “istituzionali” al punto da costringere la Procura di Perugia, a trasmettere a Palazzo dei Marescialli gli atti relativi a questo passaggio dell’inchiesta perché il Consiglio valuti gli aspetti disciplinari del comportamento di Cartoni e Lepre, con riserva di eventuali future valutazioni penali .
Nei prossimi giorni, dopo l’autosospensione da consigliere comunicata ieri al Csm dall’indagato Luigi Spina magistrato di Magistratura Indipendente, che viene indicato nelle indagini della Procura di Perugia come il “sodale” che assieme a Palamara tramava per la rovina di Paolo Ielo, procuratore aggiunto di Roma ritenuto “uomo di Pignatone“, la corrente di Mi e il Consiglio Superiore della Magistratura potrebbero perdere altri due consiglieri. Un’inchiesta che si è rivelata un vero e proprio ciclone inarrestabile.
Un “ciclone” giudiziario che ha origine della squallida vicenda professionale e non solo del pm Luca Palamara, sembra ormai non potersi più fermare, coinvolgendo persino anche gli uffici della Direzione Nazionale Antimafia, dove è bene ricordare, l’ex procuratore capo Roberti è stato appena eletto parlamentare europee nelle liste del Pd. Sono arrivate arrivate alla D.N.A. le telefonate intercettate dell’ex Presidente dell’Anm Palamara, che cercava di coinvolgere Cesare Sirignano magistrato antimafia di via Giulia per decidere il nome del futuro capo della Procura di Perugia (fino a ieri diretta da Luigi De Ficchy, da oggi in pensione), una sede “fondamentale” per i suoi destini personali ed in generale strategica nei rapporti di forza interni alla magistratura in quanto procura competente sui reati commessi dai magistrati di Roma. Il 7 maggio scorso Palamara incontra il magistrato Sirignano e gli dice che “Fava vuole andare a Perugia“, riferendosi all’esposto che il pm romano Stefano Rocco Fava ha deciso di presentare accusando Pignatone e Ielo di presunte scorrettezze nella gestione delle inchieste.
La Guardia di Finanza delegata alle indagini ha comprovato una vera e propria attività di dossieraggio svolta contro il procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo e ha indicato il commercialista Andrea De Giorgio tra i più attivi nella raccolta delle informazioni , motivo per cui mercoledì scorso è stata effettuata una perquisizione nei suoi confronti. De Giorgio è un consulente della Procura di Roma, il quale gli scorsi 25 marzo e l’11 aprile contattava Palamara “e lo informa di aver acquisito informazioni sul fratello di Ielo che potrebbero danneggiare quest’ultimo“. Palamara ne parla con Spina, il 16 maggio ed insieme concordano delle nuove mosse contro Ielo. Spina manifesta assoluta sicurezza sull’esito ed anticipa di quanto accadrà al Csm: “C’avrai la rivincita perché si vedrà che chi ti sta fottendo e sarà lui a doversi difendere a Perugia, perché noi Fava lo chiamiamo“.
Il captatore trojan inserito da remoto dagli investigatori del Gico della Guardia di Finanza nello smartphone di Palamara ha consentito agli inquirenti umbri di poter ascoltare e registrare il frenetico impegno del magistrato romano e della sua corrente Unicost nel cercare di raggiungere compromessi ed accordi con le altre componenti della magistratura che, si scopre ora, hanno riguardato, nella passata consiliatura (cioè quella nella quale il pm Palamara è stato consigliere) e in quella presente il destino di quattro uffici giudiziari del Mezzogiorno aventi un “peso” politico per il tipo di procedimenti ed inchieste che gestiscono.
A partire dalla Procura di Gela dove – come raccontato ieri da “Repubblica” – gli “amici” di Palamara, gli avvocati Amara e Calafiore, hanno cercato di imporre ala guida il pm Giancarlo Longo precedentemente in servizio presso la Procura di di Siracusa, il quale successivamente è stato arrestato per corruzione, ed ha lasciato la magistratura. O la Procura di Trani, dove Antonio Di Maio venne incredibilmente preferito a Renato Nitti, un capace ed eccellente magistrato della Direzione distrettuale Antimafia di Bari. Nonostante il Consiglio di Stato, aveva bloccato nell’ottobre del 2018, la nomina di Di Maio invitando il Csm a riconsiderare quella di Nitti, l’attuale composizione del plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, nel febbraio 2019, ha riconfermato la precedente nomina di Di Maio.
Per finire alla Procura di Matera, dove nel luglio del 2017, il Csm aveva indicato e nominato Pietro Argentino come Procuratore capo, nonostante lo stesso magistrato fosse stato indicato dal Tribunale di Potenza come testimone falso e reticente nel processo penale che aveva mandato in carte il pm Matteo Di Giorgio che sta scontando una condanna a 8 anni di carcere proprio a Matera.
Alfredo Robledo che da cinque anni non più in magistratura, dopo essere stato procuratore aggiunto presso la Procura di Milano, Robledo nel 2014 da aggiunto, aveva il coordinamento del pool di magistrati della procura milanese che si occupava dei reati nella pubblica amministrazione, ma gli venne contestato dei rapporti non ortodossi cn l’avvocato Domenico Aiello, ritirate le deleghe ed in seguito trasferito a Torino, a suo dire proprio per volontà di Palamara. “E’ lui che ha scritto il provvedimento cautelare con cui sono stato trasferito a Torino, ed è lui, ancora lui a a comporre la sentenza con cui quel trasloco diventa definitivo“. Sentenza contro la quale Robledo si è rivolto alla Corte Europea (CEDU) a Strasburgo presentando un ricorso, che è stato ritenuto ammissibile.
Palamara con una lettera inviata al presidente dell’Anm, Pasquale Grasso ha spiegato i motivi della sua decisione di dimettersi dall’ ANM: “Sono certo di chiarire i fatti che mi vengono contestati – scrive Palamara (a lato nella foto) – il mio intendimento ora è quello recuperare la dignità e l’onore e di concentrarmi esclusivamente sulla difesa nel processo di fronte a tali infamanti accuse. Per tali ragioni mi assumo la responsabilità di auto sospendermi dal mio ruolo di associato con effetto immediato. Sono però sicuro – conclude conclude il pm di Roma, che ha guidato l’Anm dal 2007 al 2012 – che il tempo è galantuomo e riuscirà a ristabilire il reale accadimento dei fatti“.
E proprio l’Anm questa mattina ha chiesto gli atti dell’inchiesta alla Procura di Perugia. L’azione dei magistrati italiani, sottolinea l’Anm, “deve ispirarsi quotidianamente a principi di correttezza, trasparenza, impermeabilità ambientale, assoluta distanza e terzietà dagli interessi economici e personali. Ogni comportamento che si discosta da tali principi compromette e lede l’immagine dell’intera magistratura. Immagine che l’Anm intende tutelare: chiederemo alla Procura di Perugia gli atti ostensibili per poter avere una diretta conoscenza dei fatti e consentire una preliminare istruzione dei probiviri sulle condotte di tutti i colleghi, iscritti alla Anm, che risultassero in essi coinvolti“. È un atto che “riteniamo necessario per salvaguardare il lavoro, l’etica e l’impegno che ogni magistrato – conclude la nota dell’Anm – testimonia ogni giorno col suo lavoro“.
Intanto è stato convocato per mercoledì 5 giugno il Comitato Direttivo Centrale dell’Anm per prendere alcuni provvedimenti dopo un’analisi di quanto accaduto negli ultimi giorni. In una nota, i consiglieri del Csm Corrado Cartoni e Antonio Lepre, di Magistratura indipendente,che avrebbero partecipato a incontri con esponenti politici per discutere della nomina del Procuratore di Roma, si difendono: “Il nostro comportamento è sempre stato improntato alla massima correttezza. Non siamo mai stati condizionati da nessuno. Marcello Viola è il miglior candidato alla procura di Roma e solo ed esclusivamente per questo lo sosteniamo”.
La corrente della magistratura Unicost, Unità per la Costituzione, alla quale appartiene il pm Palamara, ha reso noto che se al termine dell’inchiesta di Perugia dovesse aver luogo un processo, “si ritiene parte lesa, sicchè sin da oggi ci riserviamo, in caso di successivo processo, la costituzione di parte civile a tutela dell’immagine del gruppo, gravemente lesa“. Lo dichiara il presidente Mariano Sciacca, ex componente del CSM “Più leggiamo gli articoli e ancor più ci convinciamo del danno, forse ancora non compiutamente calcolabile, che la vicenda all’attenzione della magistratura perugina porterà alla magistratura italiana“, aggiunge Unicost nella nota firmata oltre che dal presidente Sciacca dal segretario Enrico Infante. “Al di là delle polemiche e delle strumentalizzazioni, Unità per la Costituzione, ma ancor prima ciascuno dei suoi associati, non possono accettare la perdita di credibilità davanti ai colleghi e ai cittadini”. E questa non è “ vuota retorica, ma sostanza”, affermano ancora i vertici della corrente di magistrati , assicurando che tutto il gruppo è pronto ad “assumere la propria responsabilità politica senza sconto alcuno“. E conclude: “Chiediamo ai colleghi Spina e Palamara, iscritti a Unità di Costituzione – ai quali auguriamo di potere chiarire tutto tempestivamente – di assumersi le rispettive responsabilità politiche, adottando le decisioni necessarie delle dimissioni dall’istituzione consiliare e dalla corrente“.
Poco dopo il Comitato di Presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura ha reso noto le dimissioni di Spina, di Unicost, da membro togato, ed annunciato un plenum straordinario convocato per martedì 4 giugno, alle ore 16.30.
Da noi contattato un importante magistrato, già componente del Csm , a Palazzo dei Marescialli, ci ha dichiarato: “Stiamo attenti a colpevolizzare un’intera categoria, che ha il diritto di essere difesa dalle mele marce. Se questa inchiesta è venuta alla luce è proprio grazie alla indipendenza e determinazione di alcuni magistrati“. Anche se bisogna ricordare che a Perugia da oggi il procuratore capo è in pensione, ed è proprio per quella poltrona, cioè di capo della procura che indaga sulle vicende oggetto dell’inchiesta giudiziaria in corso, che si è scatenata questa inchiesta sulle toghe sporche .