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22 Dicembre 2024 07:14

Toghe sporche: condanne per tutti

Condannati anche altri imputati: l'ispettore della Polizia di Stato, Vincenzo Di Chiaro a 9 anni e 7 mesi ritenuto complice dell’ex pm Savasta, l’avvocatessa barese Simona Cuomo a 6 anni e 4 mesi (oltre all' interdizione dalla professione per tutta la durata della pena), Savino Zagaria a 4 anni e 3 mesi (cognato dell’ex magistrato Savasta) e Gianluigi Patruno a 5 anni e 6 mesi.

I giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce (presidente Pietro Baffa, relatore Valeria Fedele, a latere Silvia Saracino) dopo la camera di Consiglio hanno condannato alla pena di 16 anni e 9 mesi di reclusione l’ex gip di Trani (e successivamente pm a Roma) Michele Nardi, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e al falso nel troncone del processo sulla Giustizia svenduta al Tribunale di Trani che si è celebrato con rito ordinario. I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra il 2014 e il 2018.   I pm Roberta Licci e Alessandro Prontera che hanno coordinato le indagini sotto la direzione del procuratore capo di Lecce  Leonardo Leone de Castris avevano richiesto la condanna di Nardi a 19 anni e 10 mesi.

Condannati anche altri imputati: l’ispettore della Polizia di Stato, Vincenzo Di Chiaro a 9 anni e 7 mesi ritenuto complice dell’ex pm Savasta,  l’avvocatessa barese Simona Cuomo a 6 anni e 4 mesi (oltre all’ interdizione dalla professione per tutta la durata della pena), Savino Zagaria a 4 anni e 3 mesi (cognato dell’ex magistrato Savasta) e Gianluigi Patruno a 5 anni e 6 mesi.

Michele Nardi, che è attualmente agli arresti domiciliari, venne arrestato nel gennaio 2019 insieme al suo collega Antonio Savasta (condannato a 10 anni di reclusione con rito abbreviato) all’epoca dei fatti sostituto procuratore presso la Procura di Trani con l’accusa, contestata  ad entrambi, di aver garantito esiti processuali favorevoli in diverse vicende giudiziarie e tributarie in favore di imprenditori coinvolti nelle indagini in cambio di ingenti somme di danaro e, in alcuni casi, di gioielli, diamanti e varie utilità.

Per tutti è stata decretata fatta eccezione per Zagaria per il quale l’interdizione avrà durata pari alla pena inflitta l’ interdizione perpetua dai pubblici uffici e dalla professione, mentre Michele Nardi è stato sospeso dalla magistratura. I giudici hanno disposto la confisca dei beni per ciascun imputato per 2,2 milioni di euro ed hanno disposto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per tutti gli imputati . Nardi fino a due giorni fa si professava innocente con dichiarazioni che non sono state ritenute credibili dai giudici, al momento della lettura del dispositivo, non era presente aspettando i suoi legali fuori dall’aula.

gli ex-magistrati Michele Nardi ed Antonio Savasta

Altri imputati erano stati giudicati e condannati lo scorso luglio, al termine del processo con rito abbreviato (che prevede uno sconto di 1/3 della pena). in cui l’ex pm Antonio Savasta erano stato condannato a 10 anni, l’ex pm Luigi Scimè a 4 anni , e altrettanti all’avvocato Ruggiero Sfrecola nonché all’immobiliarista Luigi Dagostino, mentre l’avvocato Giacomo Ragno era stato condannato a 2 anni ed 8 mesi .

Il grande accusatore di Nardi e Savasta cioè l’imprenditore Flavio D’Introno ritenuto dalla Procura partecipe dell’associazione a delinquere, sarà giudicato invece in un processo a parte. La attendibilità delle sue accusa , che tutti gli imputati hanno cercato fino all’ultimo di smontare, è stata riconosciuta credibile anche da questa seconda sentenza.

l’avvocato Simona Cuomo interdetta dalla professione per oltre 6 anni

Il collegio giudicante della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce ha assolto il pm Nardi l’avvocatessa Cuomo solo per un capo di imputazione: millantato credito per l’ex-magistrato, per intervenuta prescrizione, in relazione all’accusa di avere intascato un milione e mezzo di euro da D’Introno sostenendo che avesse potuto intercedere sui giudici del processo di primo e di secondo grado in cui rispondeva di usura. “Non aver commesso il fatto” invece la formula applicata nei confronti dell’avvocatessa barese (ex legale di D’Introno) in relazione all’accusa di avere minacciato l’imprenditore di Corato.

A questo punto la battaglia riprenderà nelle aule della Corte di Appello, anche perchè fra arringhe e requisitorie vi è stata più di qualche affermazione debordante che potrebbe comportare degli ulteriori strascichi giudiziari.

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