ROMA – Il pm Roberta Licci e Leonardo Leone De Castris procuratore capo della Procura di Lecce, hanno citato i due magistrati della Procura di Trani direttamente in giudizio per concorso in tentata violenza privata (in un caso anche aggravata) per aver esercitato delle pressioni durante gli interrogatori di tre testimoni, svoltisi nell’ambito di due procedimenti relativi al cosiddetto “Sistema Trani” sulla pubblica amministrazione tranese.
Si tratta del magistrato Alessandro Pesce, 44 anni, attualmente in servizio presso la Procura di Trani, e del suo collega Michele Ruggiero, 52 anni, da dicembre scorso fuori ruolo per ricoprire l’incarico di consulente nella commissione bicamerale banche su indicazione del Movimento 5 Stelle.
L’udienza è stata fissata davanti al giudice monocratico Alessandra Sermarini, per il prossimo 12 novembre. La Procura leccese aveva già chiesto per la stessa questione l’interdizione dei due magistrati, ma la loro richiesta era stata rigettata nello scorso dicembre anche dalla Corte di Cassazione dopo le richieste di misura interdittiva avanzate dal pubblico ministero Licci, che erano state respinte sia dal giudice per le indagini preliminari, Michele Toriello, che dal collegio di giudici del Tribunale del Riesame.
Dinnanzi al Gip non vennero messi in discussione i fatti, ma bensì la qualificazione giuridica degli stessi. “Non può in alcun modo revocarsi in dubbio che Ruggiero e Pesce abbiano condotto i tre interrogatori con modalità poco ortodosse“, ha sostenuto il gip Toriello nell’ordinanza. “Ed è certamente condivisibile l’impossibilità di ricondurre le condotte ad una “strategia investigativa”. Poiché ogni strategia investigativa deve misurarsi con i principi fondamentali dell’ordinamento. E deve adeguarsi alle norme che, anche per ossequio a quei principi, detta il codice di rito”.
All’epoca dei fatti vi fu totale divergenza fra il giudice per le indagini preliminari Toriello ed il pubblico ministero Licci sulla sussistenza dei reati: “In nessun momento, né prima dell’esame, né durante l’esame essi hanno avuto a disposizione elementi per contestare il delitto di corruzione. In realtà, la qualificazione giuridica in termini di concussione era l’unica al momento ricavabile dagli atti, né i pubblici ministeri disponevano di alcun elemento che consentisse loro di procedere per corruzione. Se ne ricava che non può sostenersi che le espressioni suggestive, aggressive, intimidatorie a più riprese proferite dal Pesce e dal Ruggiero mirassero ad indurre i soggetti escussi a commettere un qualsivoglia reato“.
I fatti contestati della procura salentina ai due magistrati di Trani risalgono all’ottobre 2015, quando sentirono a sommarie informazioni, in qualità di persone informate dei fatti, tre referenti (a vario titolo) di una società specializzata in apparecchiature per la rilevazione delle infrazioni stradali. Secondo le contestazioni della Procura di Lecce i due magistrati avrebbero minacciato i tre testi “con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti la loro qualità di magistrati del pubblico ministero, posto in essere atti diretti in modo non equivoco a costringere con modalità intimidatorie e violenze verbali” ad accusare se stessi ed altre persone di intrattenere dei rapporti illeciti nei confronti di Antonio Modugno ex comandante della Polizia locale di Trani .
Le pressioni più pesanti sarebbero state esercitate nei confronti del rappresentante legale della società, per costringerlo ad affermare sotto interrogatorio “di aver pagato o comunque di essere a conoscenza del pagamento di tangenti in favore di Antonio Modugno“, per la fornitura di apparecchiature al Comune di Trani e di affermare che “a tale pagamento era stato costretto dallo stesso Modugno“. Molto simile secondo quanto si legge nell’atto di citazione della Procura leccese sarebbe stato l’interrogatorio di un amministratore di fatto dell’azienda, al quale i due magistrati della procura di Trani avrebbero detto che “se non avesse dichiarato quanto da loro stesso intimato e letteralmente suggerito ovvero l’avvenuto pagamento di mazzette a seguito di costrizione da parte di Modugno, ci sarebbe stata una cella pronta per lui“.
Fra le minacce rivolte al rappresentante legale della società c’erano anche quella del sequestro dell’azienda e di un’ordinanza di arresto a suo carico. I magistrati della procura di Trani dopo aver affermato che “le cose che vi dobbiamo chiedere le sappiamo già“, aggiungevano: “vogliamo vedere voi che risposte ci dite e se quello che voi ci dite non converge, lei se ne andrà in galera veloce e lei dice ma io c’ho il coso al cuore possiamo impegnarci per farla stare con il caldo che fa al fresco” circostanza per la quale l’accusa contestata è quella di “concorso in tentata violenza privata aggravata“.
I magistrati della Procura di Lecce hanno contestato ai due colleghi di Trani anche le modalità dell’interrogatorio di una terza persona che in passato era stato rappresentante della stessa società in questione. Incredibilmente uno degli interrogatori avvenne alla presenza di “un nutrito numero di ufficiali di polizia giudiziaria“.