In Italia ci sono troppe cause civili e commerciali pendenti, pochi giudici in proporzione agli abitanti. Una percezione dell’indipendenza della magistratura migliore solo di quella di Croazia e Slovenia. La giustizia italiana vista dalle stanze della Commissione europea, si presenta con qualche miglioramento rispetto agli anni scorsi, ma ancora tante cose da cambiare. “Abbiamo proposto al Consiglio di mandare delle particolari raccomandazioni a sette Paesi”, ha detto Didier Reynders, il commissario europeo alla Giustizia, presentando il rapporto annuale sullo stato dei sistemi giudiziari Ue. E tra questi Stati, forse non bocciati ma sicuramente rimandati, c’è l’Italia.
“Rispetto al 2012 ci sono stati dei miglioramenti, ma i procedimenti restano ancora molto lunghi”, ha aggiunto Reynders. Infatti osservando i grafici presenti nelle 63 pagine del rapporto sulla giustizia, le sue affermazioni vengono confermati dai dati. Ed i numeri hanno sempre ragione. . Si stima, infatti, che per arrivare a una sentenza – in materia civile o commerciale – di primo grado ci vogliano poco più di 500 giorni. Un po’ meglio rispetto al 2012, quando si sfioravano i 600 giorni, ma comunque un tempo troppo lungo, specialmente se paragonato a quello degli altri Stati.
Se poi si vuole arrivare in Cassazione, allora i tempi diventano biblici. Nessuno fa attendere un cittadino o un’impresa per una sentenza definitiva quanto l’Italia . Nel 2018 è stato sfondato il tetto dei 1200 giorni: 3 anni e quasi 4 mesi. Lecito chiedersi: perché tutta questa lentezza, questi ritardi ? Una delle cause è proprio nei numeri: i casi da risolvere sono troppi. Circa 4 ogni 100 abitanti. Meglio del 2012, quando erano quasi 6. Ma in ogni caso tanti, troppi soprattutto se si pensa che la Finlandia – che dalle tabelle sembra essere il Paese meno litigioso dell’Ue – rasenta lo zero e la Francia, che pure non è propriamente ai primi posti, non arriva a due.
Se i processi sono troppi, i giudici sono pochi. Secondo i dati diffusi dal Consiglio Superiore della Magistratura, i magistrati italiani al 7 marzo 2017 erano 9408. Un numero non troppo differente da quella attuale. Ma troppo bassa secondo la Commissione Ue . Per prendere come termini di paragone dei Paesi vicini, l’Italia fa un po’ meglio di Francia e Spagna ma molto peggio della Germania, . Un numero ristretto di toghe, in proporzione agli abitanti, non aiuterà a velocizzare la giustizia civile, già travolta dai troppi fascicoli arretrati. Ma, secondo l’esecutivo della Comunità Europea, è arrivato il momento di un cambiamento necessario.
Ma come si possono risolvere questi problemi? Il commissario europeo alla Giustizia Reynders non ha alcun dubbio in proposito: è necessario cambiare le leggi, e si raccomanda “Oggi più che mai abbiamo bisogno di buone riforme della giustizia. Servono ai cittadini e alle imprese, ma sono importanti anche per l’Unione europea”.
C’è poi un altro aspetto rilevante e riguarda il modo in cui i cittadini giudicano la magistratura. Il potere giudiziario italiano, reduce dagli scandali nati dall’inchiesta di Perugia sul ‘mercato’ delle nomine nelle procure, se la passa piuttosto male. Riesce a fare meglio solo di Slovenia e Croazia.
Secondo le stime della Commissione Ue sono pochissime le persone che ritengono che l’indipendenza della magistratura italiana sia molto elevata. Una larga percentuale di cittadini italiani mostra scetticismo e diffidenza. Infatti secondo i dati dell’Eurobarometro, molti cittadini credono che i giudici subiscano pressioni dal Governo o, comunque, dalla politica. Altri, ritengono invece che le interferenze provengono dal mondo dell’economia e dell’industria.
Se per rendere più veloci i processi il ruolo più importante dovrà giocarlo il legislatore, ai magistrati spetterà di dimostrare nella nuova fase annunciata e promessa dopo gli scandali del 2019 e il loro lunghissimo strascico che continua ancora, che la percezione dei cittadini non corrisponde al vero.