di REDAZIONE CRONACHE
Giuseppe Montella, l’appuntato della caserma Levante dei Carabinieri di Piacenza, è stato condannato a 12 anni di reclusione, dopo essere crollato durante l’interrogatorio di garanzia nel luglio 2020, ammettendo tutto. Il giudice delle udienze preliminari Fiammetta Modica, ha sostanzialmente condiviso ed accolto le richieste dei pm Matteo Centini e Antonio Colonna, che hanno condotto le indagini coordinati dal procuratore Grazia Pradella.
La procura aveva chiesto 16 anni e 10 mesi. La sentenza con rito abbreviato, che riduce di un terzo la pena prevista dal Codice, è stata pronunciata oggi, condannando sempre a pene inferiori alle richieste dell’accusa i seguenti imputati: l’appuntato scelto Salvatore Cappellano a 8 anni (la richiesta era di 14 anni, 5 mesi e 10 giorni), 6 anni per il collega Giacomo Falanga (13 anni la richiesta di pena), 4 anni per Marco Orlando (5 anni la richiesta) all’epoca comandante della stazione Levante di via Caccialupo a Piacenza . Per Daniele Spagnolo la pena più bassa a 3 anni e 4 mesi (richiesta della procura 7 anni e 8 mesi).Un sesto carabiniere ha scelto di proseguire il processo con il rito immediato, mentre un’altra decina di persone, spacciatori e complici dei carabinieri, hanno patteggiato.
Montella si era detto dispiaciuto, pur negando che dietro i fattacci di spaccio e violenze da parte dei militari non c’era “una regia anche se tutti sapevano. Non ho fatto tutto io“. L’appuntato dei Carabinieri tra le diverse ammissioni, ha cercato di contenere le sue responsabilità sul traffico di droga confermando che la sua attività illegale era cominciata a gennaio 2020, e il guadagno era stato di appena 5 mila euro, denaro necessario per ripagare le rate di un prestito e il mutuo della casa. La caserma nella quale prestavano servizio sino all’anno scorso i carabinieri infedeli, era stata chiusa senza alcun senso dalla Procura peraltro in pieno lockdown, a seguito di episodi legati allo spaccio di droga e di tortura.
Il Comando generale dell’ Arma dei Carabinieri all’indomani dello scandalo che travolse la stazione Levante dei Carabinieri di Piacenza, intervenne immediatamente azzerando tutti i vertici della catena di comando. A guidare il comando provinciale di Piacenza venne chiamato il colonnello Paolo Abrate, ex comandante del Gruppo di Milano. Il tenente colonnello Alfredo Beveroni, già comandante di corso della scuola marescialli di Firenze, nominato comandante del reparto operativo. Il maggiore Lorenzo Provenzano, ufficiale addetto della prima sezione del Ros di Milano, venne chiamato a sostituire il capitano Giuseppe Pischedda come comandante del Nucleo investigativo.