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22 Novembre 2024 05:45

Un anno dopo la strage di Palagiano, grazie alle indagini della DDA di Lecce arrestato dai Carabinieri il presunto mandante degli omicidi

Nell’agguato mortale vennero uccisi oltre un incolpevole bambino anche sua madre Carla ed il suo compagno, il pregiudicato Mimmo Orlando
Giovanni Di Napoli
nella foto il pregiudicato arrestato Giovanni Di Napoli

Questa mattina i Carabinieri del ROS di Lecce, affiancati dai colleghi del reparto operativo di Taranto, operando entrambi sotto il coordinamento investigativo della Dda, la Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Lecce hanno eseguito un ‘ordinanza del Gip del Tribunale di Lecce dr. Giovanni Gallo, a seguito della quale è stata disposta la custodia cautelare per  Giovanni   detto “Nino” Di Napoli (accanto nella fotosegnaletica), 62 enne di origini calabresi ma residente a Palagiano,  ritenuto il presunto mandante dell’omicidio del 17 marzo 2014, del piccolo Domenico, della madre e del compagno della donna che vennero ammazzati a colpi d’arma da fuoco mentre erano in auto. Di Napoli ha dei precedenti penali  dopo una condanna in via definitiva per “mafia. Ancora ignoti gli altri componenti del gruppo di fuoco, responsabile dell’agguato omicida. Le cause dell’omicidio sarebbero conseguenti a dei contrasti personali maturati tra il Di Napoli e l’ Orlando.

AutovetturaLa mamma del bambino tragicamente ucciso  pagò la colpa di trovarsi in auto con il suo compagno Mimmo Orlando, di 43, detenuto in semilibertà. A restare illesi quasi per miracolo furono gli altri due figli di 8 e 6 anni,  che la donna aveva avuto in precedenza dal marito Domenico Petruzzelli, anch’egli ucciso nel 2011 in un agguato di mala, i quali si salvarono nascondendosi nello spazio che è tra il sedile e gli schienali dei sedili anteriori. “Abbiamo fatto finta di essere morti”, dissero sotto choc,  ai primi soccorritori arrivati sul posto.

Alla conferenza stampa di questa mattina, tenutasi in Prefettura a Taranto,    tenuta esattamente 24 ore prima del 1° anniversario dall’orribile agguato in cui vennero uccisi  Carla Maria Rosaria Fornari, di 30 anni ed orribilmente anche suo figlio il piccolo Domenico di due anni e mezzo, ha partecipato il procuratore capo della Dda di Lecce dr. Cataldo Motta ed i suoi principali collaboratori.


Autovettura con traiettorie di tiroL’OMICIDIO
 Accadde intorno alle 21  sulla strada statale 106, quella  che collega Taranto a Reggio Calabria.  La Fornari  e Mimmo Orlando erano in viaggio in auto su una Chevrolet Matiz, con i tre bambini verso Taranto, in quanto Orlando  doveva rientrare in carcere. All’altezza dello svincolo per il comune di Palagiano, all’auto si affiancò una Opel Astra dal cui finestrino vennero esplosi almeno tredici colpi colpi di arma da fuoco che uccisero la Fornari che guidava l’auto, e  Mimmo Orlando sulle cui gambe purtroppo si trovava  il piccolo innocente Domenico.

Con i primi accertamenti nelle ore immediatamente successive la strage, avvenuta la sera del 17 marzo 2014   vennero trovate nella zona di Chiatona-Massafra,  limitrofa al luogo del triplice omicidio, nelle vicinanze dell’auto utilizzata dai killer (abbandonata e bruciata dal commando) ,  una pistola automatica Beretta calibro 9 ed un fucile semiautomatico a canne mozze, Beretta modello 80 special cal , entrambe le armi con le matricole abrase per impedirne l’identificazione  . Dagli accertamenti effettuati dai RIS (il Reparto Investigazioni Scientifiche) dei Carabinieri di Roma, è emerso che a sparare i colpi mortali era stata la pistola automatica.

LE INDAGINI.  Dalle indagini dei Carabinieri dei ROS è emerso che Cosimo Orlando, ammesso  al regime di semi-libertà nel novembre 2013 dopo un lungo periodo di detenzione a seguito di una condanna per duplice omicidio commesso nel 1998, è emerso un comportamento di evidente risentimento ed insofferenza nei confronti del Di Napoli, verso il quale aveva avuto condotte violente ed intimidatorie, compresi ripetuti danneggiamenti alla BMW 730 del Di Napoli, effettuati in compagnia della compagna Maria Carla Fornari che era presente all’ultimo danneggiamento avvenuto il giorno prima della loro morte-vendetta. Orlando, avrebbe più volte minacciato pubblicamente di morte il Di Napoli prendendolo a schiaffi  persino in una bar di Palagiano alla presenza di gente, chiamandolo “infame“. Il Di Napoli aveva omesso di sostenere economicamente l’ Orlando quando costui era in carcere, disattendendo le regole del “clan”. Inoltre, secondo quanto ha dichiarato il Procuratore Capo della Dda, il dr. Cataldo Motta, la donna “non era esattamente uno stinco di Santo“, poichè è emerso che mentre era la compagna di Cosimo Orlando, nello stesso tempo intratteneva stretti contatti con Giovanni Di Napoli, lo stesso mandante dell’omicidio, come si è evinto nel corso delle indagini dalle analisi dei tabulati telefonici dai quali è emerso chiaramente il  rapporto molto stretto tra i due, che è stato confermato da continue telefonate intercorse (2500 in pochi mesi, una media di 20 telefonate al giorno) che confermano un rapporto andato ben oltre la semplice conoscenza.

SONY DSCDalle indagini ed accertamenti balistici è emersa la volontarietà da parte del “commando” dei killer di uccidere anche Maria Carla Fornari  in quanto se fosse sopravvissuta avrebbe potuto far identificare i responsabili dell’agguato mortale, così come aveva fatto in passato con i responsabili dell’omicidio di suo marito Domenico Petruzzelli, ucciso nel 2011 a Palagiano, che sono finiti in carcere. Le indagini hanno potuto avvalersi anche attraverso l’acquisizione di un grosso numero di immagini riprese da diversi sistemi di videosorveglianza dell’abitato di Palagiano e lungo l’itinerario percorso dalle vittime, e dai tracciati delle cellule telefoniche impegnate nelle ore e luoghi dei fatti

 LE ACCUSE  L’attività di indagine delegata all’ Arma dei Carabinieri, che ha fatto operare prevalentemente i Ros di Lecce,  si è avvalsa anche della costante compartecipazione degli investigatori della Polizia di Stato, in un consolidato clima di leale collaborazione in terra salentina. A Giovanni Di Napoli sono state contestate le aggravanti della premeditazione e del metodo “mafioso”, “per essersi avvalso stante la sua notoria appartenenza d associazione di tipo mafioso, delle condizioni di cui all’articolo 416-bis del codice penale“. Tale circostanza ha comportato che le indagini sono state svolte dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Lecce ai cui magistrati sono attribuite le funzioni di pubblico ministero per le vicende commesse con modalità mafiose o finalità di agevolazione mafiosa.

IL COMUNE DI PALAGIANO. Il sindaco  Antonio Tarasco, a seguito del triplice omicidio ha cercato con difficoltà di lavare quel ricordo orribile di sangue innocente che tutta l’opinione pubblica inevitabilmente da quella sera collega alla sua cittadina. “La nostra comunità è fatta di persone sane, di lavoratori, di giovani che non amano la violenza”, disse. «Certo  in ogni famiglia, anche in quelle apparentemente normali, si può nascondere il marcio”. Il primo cittadino, definiva come “marcio” la “connivenza, collaborazione“, un vero cancro da estirpare che si diffonde e nasconde nelle case di Palagiano. “Tra di noi c’è chi sa molte cose, qualcuno che ha dei collegamenti con i gruppi criminali di altre regioni”, disse Tarasco, medico di famiglia, chiamato ora ad amministrare la sua comunità con il terribile fardello di quel feroce agguato che ha scosso tutta Italia. Ed aveva ragione.

Per fortuna il Comune di Palagiano non ha mai smesso di supportare i due fratellini che si sono salvati dall’omicidio attraverso il proprio servizio sociale avvalendosi sempre della collaborazione del personale del Tribunale per i minorenni. Un grosso aiuto è arrivato anche alle insegnanti e i dirigenti della scuola che frequentano. “I nonni del bimbo  – racconta il Sindaco – sono persone molto dignitose e perbene per cui non ci chiedono un sostegno economico ma essenzialmente psicologico e morale“.

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