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3 Luglio 2024 05:38
3 Luglio 2024 05:38

Un nuovo libro sulla storia di Domenico Morrone detenuto innocente per 15 anni

Morrone durante il processo portò in aule due testimoni che confermarono il suo alibi, ma entrambi vennero denunciati per falsa testimonianza. I giudici infatti scelsero di non tenere in considerazione l
di Valentina Rito

Presentato a Taranto il libro “Vita Dentro 15.4.22”, scritto “a quattro mani” dal giornalista Luigi Monfredi e da Domenico Morrone, pubblicato dall’ editore Librerie Mandese. Il risultato letterario è un racconto consigliato per chi segue la cronaca giudiziaria, e le tematiche della amministrazione della giustizia, soprattutto in questa epoca di giustizialismo e colpevolismo che si propaga anche attraverso i social: “Non penso più al futuro, non mi appartiene più, mi è stato rubato, vivo alla giornata, così come viene, potranno risarcirmi ma non potranno restituirmi tutto quello che ho perso”” ha detto Domenico Morrone.

il giornalista Luigi Monfredi

Il libro è la continuazione della storia di Domenico Morrone, raccontata nel libro precedenteIl Rumore Delle Chiavi pubblicato nel 2020, che narra del clamoroso errore giudiziario che ha visto Morrone ingiustamente detenuto per oltre quindici anni, dal 1991 al 2006, per una accusa di duplice omicidio sostenuta dal pm Vincenzo Petrocelli della procura di Taranto, per la quale successivamente Morrone è stato ritenuto innocente. Domenico Morrone venne accusato di aver ucciso due studenti di scuola media solo per vendicarsi di un litigio. Quel giorno lui era altrove, ma il suo alibi non è stato creduto. Così Morrone è diventato il protagonista di uno dei più gravi errori giudiziari italiani, trascorrendo ingiustamente 5.475 giorni di detenzione, 15 anni in carcere da innocente.

All’epoca dell’arresto, Morrone era incensurato ed è un pescatore di Taranto dalla fedina impeccabile. Il giorno del suo arresto non perse tuttavia solo la propria libertà e dignità, ma anche la fidanzata, mentre sua madre venne ridotta in povertà in quanto riusciva a sostenersi solo grazie al lavoro di pescatore del figlio e in sua assenza non era più in grado di poter condurre una vita normale e stabile.

L’unica colpa di Morrone era stata quella di aver litigato con un ragazzino che è stato poi ucciso. Contro di lui c’è un movente fortissimo: si sarebbe vendicato dell’agguato subito, quindi viene arrestato. Testimoni oculari, un esame dello stub dall’esito incerto e un movente fortissimo: questi sono gli elementi che lo portano in cella. Morrone durante il processo portò in aule due testimoni che confermarono il suo alibi, ma entrambi vennero denunciati per falsa testimonianza. I giudici infatti scelsero di non tenere in considerazione l’alibi di Morrone, confermato dai vicini di casa Masone, dalla madre e da un amico appuntato.

La vicenda giudiziaria si tinte di giallo allorquando dall’ufficio corpi di reato sparirono delle prove che lo scagionano. Nei 15 anni di carcere Morrone ha però conosciuto l’umanità di guardie e operatori carcerari. Dopo nove anni dietro le sbarre ottenne un permesso di tre giorni che decise di trascorrere con sua madre.Per i suoi 15 anni trascorsi in carcere da innocente ha ricevuto 4 milioni di euro di risarcimento. A tal proposito aveva dichiarato: “La libertà di ogni singolo giorno della nostra vita non ha prezzo“.

Mentre nel primo libro i fari erano puntati sulle indagini e sul processo, in questa seconda opera è centrale la vita di Morroneprigioniero“, del carcere con tutti i passaggi, i rapporti e le abitudini che contraddistinguono la vita dei detenuti: “All’interno del carcere” dice Morrone “c’è una ‘regola’ a cui devi attenerti, diversa e lontana da quella della società civile”

Il libro attraversa nuovamente l’epopea di Morrone, un uomo che urlava la propria innocenza alle pareti di celle in cui tutti capivano che non era colpevole, questa volta con una maggiore attenzione anche al fatto “dall’esterno”, a partire dalla serie di “incongruenze” dietro all’accusa, passando per le inconsistenti analisi delle prove e delle parole dei pentiti.

Il punto focale del racconto diventa quindi Morrone ora non più persona, ma ora numero nelle ganasce della macchina della giustizia che necessita di colpevoli da castigare, dei suoi sogni e delle sue speranze nella giustizia, che il giornalista tarantino Luigi Monfredi, attuale caporedattore di RAINEWS24 ha trasformato nella storia di un essere umano, cercando la verità e la redenzione di una vita altrimenti perduta attraverso anche gli archivi raccolti all’epoca dallo stesso Monfredi, al tempo giornalista di Telenorba, e sin da subito unico garantista dichiarato, e quindi “innocentista” al contrario della stampa locale di quel periodo, compre sempre schierata sulle teorie accusatorie della Procura.

Un esempio chiave del racconto, e di grande efficacia narrativa, è la storia dei gettoni del telefono, collezionati da Morrone in previsione del suo primo permesso d’uscita, ad ormai quasi dieci anni dalla sua condanna, e la sorpresa nell’incontrare il telefono che richiedeva una scheda per chiamare, e ad oggi per lui come per tutti noi obsoleto, emblema della libertà e del tempo di vita sottrattogli ingiustamente fino, finalmente, al crollo del muro di gomma nel 2002, alla accettazione della richiesta di revisione e la conseguente assoluzione dell’ormai non più giovante tarantino, innocente con la formula per non aver commesso il fatto“.

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