di Mario Calabresi*
Cosa hanno in comune il presidente filippino Duterte e il rivoluzionario a 5 Stelle Di Battista? L’idea che i giornalisti vendano la loro penna: siamo “puttane” nella versione grillina, “presstitute” in quella asiatica. E cosa tiene insieme Matteo Salvini e Donald Trump? Un uso spregiudicato dei social per sfuggire alle domande e per mettere all’indice oppositori, disturbatori e “nemici del popolo”.
Il potere non ha mai amato le domande, le intrusioni, lo svelamento. Ha sempre attaccato chi le faceva e provato a buttarlo fuori strada, ma mai prima d’ora aveva cercato di costruire un fronte comune con i cittadini per squalificare l’informazione. Si rivolge al popolo per convincerlo che è la stampa a tradirlo, perché asservita a interessi diversi e menzognera. E così facendo il potere si presenta come una sorgente di verità indiscutibili.
Se ciò è possibile è evidente che i giornalisti hanno molte colpe, la prima delle quali è di essere apparsi troppo legati allo status quo e troppo poco critici con l’esistente. La stessa accusa che si muove alla sinistra a ogni latitudine: aver perso la capacità di ascoltare. Non voglio qui difendere la categoria o fare un elenco di meriti per bilanciare gli errori ma denunciare la grande truffa che stanno cercando di venderci.
È una truffa presentare come meravigliosa l’idea che il futuro dell’informazione sia il rapporto diretto tra il potere e i cittadini, senza più bisogno di media e di giornali: è ancora e solo propaganda, da cui diventa sempre più difficile difendersi.
Informazione per i lettori
Gli epigoni stranieri del sovranismo gialloverde saranno raccontati da Marco Ansaldo, che dialogherà con il giornalista turco e attivista per la libertà di stampa, Yavuz Baydar, e da Vittorio Zucconi, che in un video commenterà le sortite di Donald Trump contro gli organi di informazione.
Dietro gli attacchi alla stampa, da Roma a Washington, si nasconde un più generale attacco alla liberaldemocrazia i cui valori, come spiegherà Ezio Mauro, sono in crisi in tutto l’Occidente. È un percorso che parte da lontanto: non solo geograficamente (sarà Roberto Saviano a raccontare in un video la vita sotto minaccia di blogger e giornalisti sudamericani). Ma anche dal punto di vista temporale: chi ricorda le aggressioni di Berlusconi e le battaglie di Repubblica contro i bavagli progettati dai governi di centrodestra negli anni Duemila? Saranno Massimo Giannini e Marco Damilano a rinfrescarci la memoria.
Sarà quindi la volta del dialogo tra Sebastiano Messina e Luca Bottura, che si concentreranno in particolare sulla strategia del M5S di delegittimazione della stampa. Massimo Russo, con Sara Bertuccioli e Marianna Bruschi, descriveranno il lavoro della redazione sulla frontiera dei social. Mario Calabresi tornerà sul palco con Federica Angeli e Conchita Sannino, croniste che su Repubblica seguono le zone calde di mafia capitale e della camorra e Paolo Berizzi, che descrive il fenomeno dell’estrema destra neofascista in Italia. Infine Michela Murgia racconterà in un video le parole che il potere usa per chiudere la bocca al dissenso.
Gli interventi sul palco sono intervallati dai contributi dei ragazzi del progetto Repubblica@Scuola, che in questi giorni sono stati chiamati a discutere le notizie pubblicate sulla prima pagina del giornale. L’appuntamento è a Roma al Teatro Brancaccio, in via Merulana 244. Ci sarà anche il CORRIERE DEL GIORNO
Ecco la diretta live: