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22 Novembre 2024 04:12

VELENI NELLA MAGISTRATURA. LAURA TRIASSI TORNA A POTENZA, ALLA PROCURA GENERALE.

La procuratrice Laura Triassi ha respinto energicamente le contestazioni, negando di aver pronunciato le frasi che le vengono attribuite, sostenendo che in realtà alla base delle accuse, ci sarebbe un’insoddisfazione dei sostituti per le sue scelte nell’organizzazione dell’ufficio

di REDAZIONE POLITICA

Secondo la sezione disciplinare del Csm fra la procuratrice capo Laura Triassi e i pm della Procura di Nola si è determinata una “situazione di conflitto che appare oggettivamente insanabile” e quindi, in attesa della definizione nel merito del procedimento disciplinare, può essere superata solo attraverso il trasferimento d’ufficio in via cautelare della magistrata con le funzioni di sostituto alla Procura generale di Potenza, città dove per due anni è stata reggente della Procura.

E’ stata così accolta per il momento la richiesta avanzata lo scorso 4 agosto dal ministero della Giustizia a seguito degli esposti presentati da dodici sostituti su tredici contro la procuratrice Triassi ed la procuratrice aggiunta Stefania Castaldi.

I magistrati della procura di Nola accusano la dottoressa Triassi, che negli anni ‘90 è stato un magistrato in prima linea della “Tangentopoli napoletana”, di aver tenuto nei confronti dei colleghi un contegno definito «offensivo, sprezzante, indagatore» e caratterizzato da «aggressività verbale». Agli atti della sezione disciplinare del Csm ci sono nove file audio registrati di nascosto da alcuni pm durante conversazioni con il capo dell’ufficio e con la sua vice, la procuratrice aggiunta Stefania Castaldi, che nei mesi scorsi ha chiesto il trasferimento in “via preventiva” alla Procura di Santa Maria Capua Vetere.

La procuratrice Laura Triassi

La sezione disciplinare ha escluso elementi a carico della procuratrice per quattro dei dodici capi d’incolpazione , compresi quelli che ipotizzavano la mancata trasmissione di fascicoli d’indagine al pool anticamorra ed ipotetiche condotte scorrette verso ufficiali dei carabinieri, ravvisando soltanto «gravi elementi di fondatezza» con riferimento ai comportamenti ritenuti «abitualmente scorretti» verso i sostituti e il personale amministrativo.

La procuratrice Laura Triassi ha respinto energicamente le contestazioni, negando di aver pronunciato le frasi che le vengono attribuite, sostenendo che in realtà alla base delle accuse, ci sarebbe un’insoddisfazione dei sostituti per le sue scelte nell’organizzazione dell’ufficio. La sezione disciplinare ha invece ritenuto credibili i pubblici ministeri, evidenziando che non sono emersi elementi in grado di dimostrare la falsità delle loro affermazioni. Sulla vicenda è stata quindi aperta dal Csm anche una procedura di incompatibilità ambientale. Il 28 luglio scorso il plenum ne ha sospeso la trattazione in attesa della definizione del procedimento disciplinare.

La difesa della Triassi, rappresentata dall’avvocato Domenico Mariani, adesso ha due settimane per proporre ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione. «Impugneremo certamente la decisione», ha dichiarato l’avvocato Mariani aggiungendo: “A partire dal 15 settembre 2020, meno di due mesi dopo l’insediamento della dottoressa Triassi, ogni colloquio dei pm con la procuratrice veniva registrato di nascosto. Anche le conversazioni su delicate questioni investigative. Si è trattato di un’iniziativa concordata tra i pm. Ciò nonostante, in questi file audio non si rinviene alcuna delle frasi che nell’esposto vengono attribuite, virgolettate, alla dottoressa Triassi“.

Secondo la sezione disciplinare l’assenza nelle registrazioni delle frasi riportate negli esposti potrebbe valere al massimo come “mancata conferma”delle contestazioni, ma non come prova contraria.

Resta da chiedersi se la Cassazione dovesse dare ragione alla Triassi che già in passato aveva contestato e ribaltato le decisioni sulle nomine del Csm, cosa dovrebbero fare i componenti della sezione Disciplinare ? Dimettersi ? Sarebbe un comportamento serio, rispettoso verso l’istituzione ma difficilmente i membri del Csm sanno rinunciare alle loro poltrone, che spesso sono un trampolino di lancio per le proprie carriere interne ed esterne alla Magistratura

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