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22 Novembre 2024 04:20

Venezia, arrestato l’assessore Renato Boraso. Indagato il sindaco Brugnaro

L'assessore alla Mobilità è stato arrestato nell'ambito di un'indagine su reati amministrativi svolta dalla Guardia di Finanza e che coinvolge anche il primo cittadino. Nell'inchiesta sono coinvolte 18 persone, a vario titolo, 9 le misure cautelari eseguite. In corso sequestri preventivi per circa un milione di euro

Un vero e proprio maremoto nella giunta del Comune di Venezia. L’assessore alla Mobilità Renato Boraso, cinquantacinque anni, di Favaro Veneto, è stato arrestato nell’ambito di un’indagine su reati amministrativi svolta dalla Guardia di Finanza e la sua abitazione è stata perquisita. L’assessore veneziano “ha sistematicamente mercificato la propria pubblica funzione, svendendola agli interessi privati” degli imprenditori indagati, scrive il Gip di Venezia Alberto Scaramuzza, nell’ordinanza di custodia cautelare relativa all’inchiesta sulla corruzione nell’amministrazione comunale lagunare. Boraso è stato di elezione in elezione “Mister preferenze, facendo il capopopolo della rivolta contro il tram capeggiando la protesta diventata celebre per la sedia piazzata sui binari. Considerato un enfant prodige vincendo la sua prima elezione a 23 anni nel quartiere di Favaro – che per lui era più che un luogo di residenza, un’identità e una appartenenza – presente per 31 anni di fila nelle istituzioni, 27 in consiglio Comunale e mai un’elezione persa. 

“Tu non mi ascolti, te lo posso dire? Tu non mi ascolti”. Era il 17 marzo 2023 quando il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro stava incontrando il suo assessore alla Mobilità Renato Boraso, un appuntamento incandescente, avvenuto nella Smart control room del Tronchetto, che era diventata la vera sede operativa dell’amministrazione. Boraso, inconsapevole che nel suo telefono era stato installato un anno prima un trojan, spiegava al sindaco che “Francesco Piccolo (uno degli imprenditori indagati, ndr) mi chiama…“. Il motivo reale della conversazione telefonica è il Park 4.0. Il sindaco però non ci sta e sbotta: “Tu non mi ascolti. Non hai capito, tu non capisci un c… Mi stanno domandando anche a me che tu domandi soldi. Tu non ti rendi conto rischi troppo… tu non mi stai ascoltando”. Al che l’assessore Boraso replica : “Io? Ma ho capito…“. Ed il sindaco Brugnaro insiste: “Eh insomma! Pure di ste roba qua di … non ci crederai… dicono a me “mi domanda soldi” (…) Però ti dico… se io ti dico di stare attento ti devi controllare, ci sono diversi discorsi che stanno male…“. E Boraso, finalmente capisce: “Cambio anche il telefono” Troppo tardi però.

Ma Brugnaro continua e dice:Ma non è il telefono… ti hanno messo gli occhi addosso, sta attento a ste robe qua. Devi estirparla… Volevo dirti anche un’altra roba ma non ricordo più”.Del parcheggio forse?“. “Francesco Piccolo (ex consigliere regionale ed imprenditore , ndr)”. “Che mi interessa, dobbiamo incasinarci la vita io e te? … Un pezzo di terra ti ha rotto i c… quando si poteva fare in 100 maniere diverse… aveva venduto dopo due giorni… si lamentava … Marchi (Enrico Marchi, presidente di Save) sai che forse Marchi ha fatto l’offerta?… Ma io, la roba che mi spaventa sei tanto coinvolto. Questo io te lo dico“.

È una delle intercettazioni chiave dell’inchiesta, na non è l’unica, sulla presunta corruzione dell’ assessore Boraso: “Questa conversazione è fondamentale poiché il sindaco gli fa presente che gli è stato riferito che chiede soldi alle persone” si legge nelle 172 pagine dell’ordinanza del Gip .   L’assessore finito ieri dietro mle sbarre della casa circondariale “Due Palazzi” di Padova era controllato Dall’1 luglio 2022,. Telefonate, movimenti, incontri con funzionari pubblici e con gli imprenditori che avrebbe aiutato.

Una condotta, rileva il Gip Scaramuzza, che risulta ininterrotta negli ultimi quattro anni, indifferente a controlli e ostacoli, caratterizzata da “pericolosità sociale eccezionalmente elevata” ed “intenso pericolo di reiterazione”. Un “sistema criminoso“, con pressioni sugli uffici comunali “ridotti al servizio del privato“. Si aggiunge l’inquinamento delle prove con la eliminazione di documentazione anche con la collaborazione delle propria segreteria privata. Nei confronti dell’ assessore Boraso vengono contestati i reati di “concussione per induzione”, “corruzione per l’esercizio della funzione” (cioè aver messo a disposizione dei privati il proprio incarico pubblico), “corruzione per compimento di atto improprio”, con la creazione di falsa documentazione contabile da parte di società a lui intestate ed “autoriciclaggio“. 

da sinistra  l’assessore Renato Boraso, ed il sindaco Brugnaro

Nell’inchiesta risulta indagato anche il sindaco Brugnaro e sono coinvolte a vario titolo 18 persone. Nove le ordinanze di custodia cautelare eseguite: due in carcere e sette agli arresti domiciliari. Oltre a Boraso, in carcere è finito un imprenditore edile, Fabrizio Ormenese; ai domiciliari figurano funzionari comunali e di partecipate pubbliche, tra cui l’azienda dei trasporti comunale Actv. Per altri sei indagati è stata disposta l’interdizione per 12 mesi dai pubblici uffici. In corso sequestri preventivi per circa un milione di euro. Tra gli indagati figurano il direttore generale dell’Actv, Giovanni Seno, e il responsabile del settore appalti, Fabio Cacco.

150 milioni per raddoppiare edificabilità su area Pili

Indagati anche il capo di Gabinetto del sindaco e direttore generale del Comune, Morris Ceron e il vicecapo di Gabinetto, Derek Donadini per concorso in corruzione. La vicenda che coinvolge Brugnaro riguarderebbe le trattative di vendita all’imprenditore Chiat Kwong Ching, di Singapore, dell’area dei “Pili”, di proprietà dello stesso Brugnaro,  che si affaccia sulla laguna di Venezia. Gli accertamenti riguardano il blind trust che gestisce il patrimonio di Brugnaro. Secondo quanto si legge in un passaggio del decreto di perquisizione a Derek Donadini, Brugnaro, Ceron e Donadiniconcordavano con Ching (imprenditore della società che puntava a rilevare l’area dei ‘Pili’ – ndr) il versamento di un prezzo di 150 milioni di euro in cambio della promessa di far approvare, grazie al loro ruolo all’interno dell’ente comunale, il raddoppio dell’indice di edificabilità sui terreni in questione e l’adozione di tutte le varianti urbanistiche che si sarebbero rese necessarie per l’approvazione del progetto edilizio ad uso anche commerciale e residenziale della volumetria di 348.000 mq che sarebbe stato approntato e presentato do una società di Ching“.

Palazzo “svenduto per facilitare affare con Ching”

Inoltre, secondo gli inquirenti, Brugnaro, Ceron e Donadiniconcordavano con Ching (imprenditore della società che puntava a rilevare l’area dei ‘Pili’ – ndr) e Luis Lotti (rappresentante in Italia di Ching – ndr) la cessione dell’immobile comunale Palazzo Poerio Papadopoli al prezzo di oltre 10 milioni di euro, inferiore al valore di 14 milioni, attraverso l’esercizio dei loro poteri amministrativi volti alla riduzione del suo valore di stima e ciò al fine di facilitare le trattative con Ching e Lotti per la cessione del terreni di proprietà del Brugnaro, denominati ‘I Pili“.

Il sindaco Brugnaro: “Sono esterrefatto”

“Sono esterrefatto! In cuor mio ed in coscienza, so di aver sempre svolto e di continuare a svolgere l’incarico di Sindaco come un servizio alla comunità, gratuitamente, anteponendo sempre gli interessi pubblici. Per entrare nel merito, l’ipotesi che io abbia potuto agire sui Pili per portare dei vantaggi in termini di edificabilità e/o varianti urbanistiche è totalmente infondata, come ho già avuto modo di spiegare dettagliatamente e pubblicamente più volte”ha commentato il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, in una nota spiega “a seguito della ricezione di un avviso di garanzia“.  “Quella, come noto, è un’area già edificabile da prima della mia Amministrazione e mai ho pensato – spiega il sindaco – , né messo in atto, alcuna azione amministrativa per un cambiamento delle cubature. Stessa cosa riguardo la vendita di Palazzo Papadopoli, che mi risulta alienato secondo una procedura trasparente dal punto di vista amministrativo. Ovviamente, sono e resto a disposizione della magistratura per chiarire tutte queste questioni”

Chi è Renato Boraso, assessore dal 2015

Boraso, 56 anni, laureato in Economia Aziendale all’università Ca’ Foscari, dal 1993 ha svolto attività di consulente aziendale. Già nelle fila di Forza Italia, dal 1997 è sempre stato eletto consigliere comunale; nel 2005 è stato consigliere anziano e dal 2005 al 2010 Presidente del Consiglio Comunale. Alle elezioni comunali del 2015 si è presentato con una propria lista civica in appoggio al candidato del centrodestra Luigi Brugnaro, nella cui giunta è poi entrato come assessore a Mobilità, Infrastrutture stradali, Viabilità, Piano del traffico, Rapporti con le Municipalità e Rapporti con il mondo dell’agricoltura. Alle elezioni 2020 si è presentato ed è stato eletto nella lista civica di Brugnaro, ed è stato confermato in Giunta.

Gli indagati e le misure cautelari

Questo l’elenco completo degli indagati, con le misure cautelari disposte dal giudice.

Per Renato Boraso, assessore al Comune di Venezia, e l’imprenditore edileFabrizio Ormenese, arresto in carcere. Arresti ma domiciliari sono stati applicati nei confronti di Alessandra Bolognin, direttore generale della municipalizzata IVE La Immobiliare veneziana; l’ imprenditore Daniele Brichese;  gli imprenditori Carlotta e Francesco Gislon; l’ imprenditore Marco Rossini, l’ imprenditore Filippo Salis e l’ altro imprenditore Matteo Volpato

Disposta l’interdizione all’esercizio di attività imprenditoriali per 12 mesi gli imprenditori Gaetano Castellano, Stefano Comelato, Helio Costantini, Sergio e Stefano Pizzolato e per Francesco Piccolo.

| © CDG1947MEDIAGROUP – RIPRODUZIONE RISERVATA|

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