In memoria di Andrea “Vi affido il ricordo di un figlio-avvocato”
Dalla Rete, Opinioni
Redazione CdG 1947
Armando Spataro ricordando suo figlio Andrea, scomparso un mese fa ha scritto agli avvocati e magistrati milanesi: "Scusatemi se mi lascio guidare dal cuore". Spataro è un magistrato nato a Taranto, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torino, ex procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Milano, coordinatore del Gruppo specializzato nel settore dell´antiterrorismo, ex componente del CSM
È trascorso poco più di un mese dalla prematura morte, causata da un male incurabile, di un giovane e brillante Avvocato di appena 36 anni, Andrea Spataro. Per farne memoria e ricordarne la figura, il papà di Andrea, il nostro amico di una vita Armando Spataro, ha voluto indirizzare agli avvocati e magistrati del Foro di Milano una bellissima lettera. L´abbiamo letta anche noi, che milanesi non siamo, e l´abbiamo ritenuta commovente e carica di umanità. Desideriamo dirti, caro Armando, che non l´abbiamo ritenuta “inopportuno nel tentativo di “far parlare Andrea” a motivo del fatto che sono tanti i genitori che soffrono per simili tragedie e non tutti hanno questa possibilità…” e che nessuno, tanto meno un padre – il cui mestiere è il più antico, difficile e degno del mondo – deve chiedere scusa quando si lascia “guidare dal cuore“. Così come, quindi, tu hai voluto affidare alle toghe di Milano la memoria di tuo figlio Andrea, noi desideriamo fare lo stesso, e proporre i suoi meravigliosi pensieri agli avvocati e magistrati di ogni Foro d´Italia che seguono questo quotidiano. Desideriamo farlo in ricordo di tuo figlio, ed insieme a lui di tutte quelle persone che, troppo presto, hanno lasciato questo mondo e i propri cari.
di Armando Spataro
Carissimi Avvocati,
è trascorso un mese dall´ultima volta in cui ho visto mio figlio Andrea, giovane avvocato penalista di 36 anni.
Ho già ringraziato molti di voi per la vicinanza manifestata in questi momenti di immaginabile dolore, ma spero ora di non apparire inopportuno nel tentativo di “far parlare Andrea”: sono tanti i genitori che soffrono per simili tragedie e non tutti hanno questa possibilità…e forse lo stesso mio figlio, dotato di una grande sobrietà, potrebbe non essere d´accordo…
Vi chiedo scusa, allora, se mi lascio guidare dal cuore: ho deciso di scrivervi egualmente perché voglio affidarvi non solo il ricordo di un figlio, ma quello di un figlio-avvocato. E ve lo trasmetto attraverso parole di un avvocato e di un giudice.
L´avv. Salvatore Scuto del foro di Milano, presso il cui studio mio figlio lavorava, ha di lui scritto: “Andrea aveva sviluppato una bella idea della funzione difensiva, moderna, senza retorica ma ferma nella convinzione dell´imprescindibile suo ruolo nella dinamica processuale. A volte rientrava da un´udienza o da un colloquio con un pubblico ministero infastidito, se non arrabbiato (in questo, e per fortuna, non era ancora un “disilluso” ed io credo che non lo sarebbe diventato mai), per aver visto svolgere il ruolo della controparte in un modo non coerente con la sua idea del processo e della tutela dei diritti. Andrea è andato avanti ed ha superato e vinto la sua sfida con la forza delle sue idee e delle sue convinzioni, orgoglioso come era di essere avvocato. Quella forza e quella dignità lo hanno sostenuto sino alla fine facendo a gara con una riservatezza così ferrea da lasciare oggi, in chi gli ha vissuto accanto nella vita lavorativa, ammirazione accompagnata però da una punta di smarrimento. I tanti suoi amici del tifo juventino hanno trovato le parole giuste per salutarlo nello stadio della sua Juventus quando gli hanno dedicato un striscione esposto nell´ultimo derby torinese con la scritta: “È proprio così Andrea“.
Ed il giudice Bruno Giordano, che lo ha seguito anche in una significativa esperienza accademica, così lo ha ricordato, descrivendo la sua incertezza nelle decisioni da prendere per il futuro: “…gli chiedo se vuole “veramente” preparare il concorso per magistrato. Lo trovo combattuto tra magistratura e avvocatura, che sceglie con il coraggio e la forza di chi vuole farcela, bene e da solo. Un giorno dopo il pensionamento del prof. Dominioni (con cui aveva collaborato) lo sento deluso, non vuole perdere l´incipiente carriera accademica, ma mi sembra che Andrea si senta finalmente libero di scegliere una sua strada. Gli propongo di iniziare un dottorato di ricerca. Ci pensa due giorni chiedendomi di non parlarne con il padre. E infatti non l´ho mai fatto. Poi Andrea mi raggiunge in ufficio, dove con garbo e eleganza, ma con commozione, mi dice che vuole fare l´avvocato,andare in udienza, lottare, lottare e lottare per affermare un diritto. Io mi arresi, Andrea ha lottato fino all´ultimo“
Il 5 luglio 2014 avevo spedito ad Andrea una mail per raccontargli della bellissima cerimonia cui avevo assistito nell´Aula Magna del Palazzo di Giustizia di Torino, intitolata a Fulvio Croce, quella annualmente organizzata dal locale Consiglio dell´Ordine in onore degli Avvocati che hanno esercitato per 60 o 50 anni la professione forense. Avevo parlato ad Andrea di una cerimonia “solenne ed informale insieme, carica di giustificato orgoglio dei protagonisti“.
Gli avevo poi ricordato le coinvolgenti parole del Presidente avv. Mario Napoli e dell´avv. Ottolenghi (“un passato anche da partigiano ed un presente pure da scrittore”), citandogli infine quelle di Giampaolo Zancan: “In cinquant´anni ho difeso tutti, ma non ho preso ordini da alcuno”, una frase che a mio figlio era piaciuta molto, che esalta la libertà di pensiero e la coerenza che sono le doti morali più importanti per chiunque operi nel campo della giustizia”. Così chiudevo quella mail ad Andrea: “Zancan è giustamente orgoglioso della sua carriera, come io lo sono del fatto che tu sia un giovane avvocato!“.
Andrea amava lottare, appunto, con libertà di pensiero, dignità e coerenza: non a caso gli piaceva molto la bronzea statua equestre di Ferdinando di Savoia-Duca di Genova, che domina il centro della Piazza Solferino di Torino: il cavallo ferito nella battaglia di Novara del marzo 1849 combattuta contro gli invasori durante la prima guerra di indipendenza, sta cadendo e morendo, ma chi lo cavalca continua a combattere con la spada in pugno. La lapide sotto la statua così descrive quella scena e ricorda Ferdinando “Ferito a morte il cavallo nella battaglia di Novara, seppe vendicare col valore l´ingiuria della fortuna”. Già, l´”ingiuria della fortuna“.
Andrea era anche un accanito e conosciuto collezionista di statuette varie, soprattutto ma non solo dei Cavalieri dello Zodiaco, combattenti per il bene del cosmo e per la pace sulla Terra.
La lotta…la lotta dunque come regola di vita, non in senso retorico, ma quella quotidiana e silente per i principi in cui si crede, per il bene, per la solidarietà, per la vita…Ed eroe non è sempre e solo chi per tutto questo combatte e vince, ma anche chi combatte e perde.
L´11 settembre, cioè il giorno della S. Messa per Andrea, i suoi più cari amici gli hanno dedicato due pagine di amore che uno di loro ha letto in un´affollata Basilica milanese. Tra le altre, hanno ricordato queste sue belle parole da giovane avvocato che si guarda intorno e vuole capire e conoscere, parole che ripeteva ai suoi amici e colleghi: “il Tribunale va vissuto…e la giustizia non è l´avventura di un giorno !”
Erano questa sua visione della giustizia e la dignità con cui viveva la sua professione che mi rendevano e mi rendono orgoglioso di avere avuto un “figlio-avvocato”. Sono queste sue parole che mi consentono di avere sempre mio figlio accanto.
Voglio ringraziarvi ancora, con tutto il cuore ed insieme a mia moglie, per l´affetto che ci avete manifestato in questi giorni di dolore, un affetto dedicato ad Andrea.
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