Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che lascerà per scadenza del mandato, alla fine del prossimo ottobre, la pensa diversamente dal premier Giorgia Meloni che ha detto più volte di non considerare il salario minimo per legge come la risposta da dare alla questione dei bassi salari. E lo ha esternato in un passaggio delle sue ultime Considerazioni generali: “Il lavoro a termine si associa a condizioni di precarietà molto prolungate; la quota di giovani che dopo cinque anni ancora si trova in condizioni di impiego a tempo determinato resta prossima al 20 per cento. Troppi, non solo tra i giovani, non hanno un’occupazione regolare o, pur avendola, non si vedono riconosciute condizioni contrattuali adeguate; come negli altri principali paesi, l’introduzione di un salario minimo, definito con il necessario equilibrio, può rispondere a non trascurabili esigenze di giustizia sociale”.
È stato questo il passaggio in cui il governatore Visco si è sbilanciato di più rispetto ai temi dell’agenda politica. E lo ha fatto pensando ai giovani, ai quali dedica anche le ultime parole delle Considerazioni: “Andranno ascoltati, aiutati dalle altre generazioni a formarsi, senza vincoli, per tradurre in interventi realistici gli schemi che sapranno elaborare per un mondo futuro, non più povero, ma più sicuro e più giusto“.
CONSIDERAZIONI-FINALI-del-Governatore-sul-2022_Embargo-1Aumento della produttività
“Quello che occorre per un recupero del potere d’acquisto – ha ammonito il governatore di Bankitalia, rivolgendosi sia alle parti sociali sia al governo – è una crescita più sostenuta della produttività. Eventuali misure di bilancio dovranno rimanere temporanee e mirate; è bene che gli interventi si chiudano tempestivamente quando non più indispensabili, sia perché il ritorno all’obiettivo della stabilità dei prezzi sarebbe più difficile in caso di trasferimenti pubblici eccessivi, sia per non contrastare il necessario passaggio a fonti di energia rinnovabile”. La valutazione di Visco sul nostro sistema produttivo è comunque positiva: “A fronte degli shock di intensità inusitata degli ultimi anni, l’economia italiana ha mostrato una notevole capacità di resistenza e reazione” ed “il mercato del lavoro ha pienamente riassorbito il forte calo dell’occupazione, che aveva soprattutto riguardato i giovani e le donne“.
Nel primo trimestre di quest’anno la crescita dell’economia ha di nuovo superato le attese. “Per il 2023 le previsioni oggi disponibili convergono su un aumento del prodotto intorno all’uno per cento. La rinnovata vitalità del sistema economico si è manifestata nella robusta espansione delle esportazioni e nella forte ripresa dell’accumulazione di capitale“.
Pnrr
Nel breve periodo resta da vincere la sfida del Pnrr. “Non c’è tempo da perdere“, dice Visco. “Si tratta di uno snodo cruciale; esso deve però essere parte di una più ampia strategia di lungo periodo per agevolare la trasformazione della nostra economia». Alla quale devono concorrere anche le necessarie riforme. Che però non devono mai perdere di vista le compatibilità di bilancio. «Nei prossimi anni ogni eventuale aumento di spesa o riduzione di entrata, anche nell’ambito di riforme già annunciate quali quella del fisco o dell’autonomia differenziata, non potrà prescindere dall’identificazione di coperture strutturali adeguate e certe“, ammonisce Visco. Sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, “miglioramenti sono possibili. Nel perseguimento di eventuali modifiche bisogna però tenere conto del serrato programma concordato con le autorità europee; al riguardo, un confronto continuo con la Commissione è assolutamente necessario, nonché utile e costruttivo“.
Niente scontri e sterili polemiche, è l’invito. Piuttosto, trovare una strada per attuarlo: “Si discute di presunte insufficienze nel dibattito collettivo riguardo al suo disegno, dell’orizzonte temporale limitato per il raggiungimento degli obiettivi, delle possibili carenze nella capacità di attuarne le misure, ma va sottolineato con forza che il Piano rappresenta un raro, e nel complesso valido, tentativo di definire una visione strategica per il Paese. Anche per questa ragione, oltre agli investimenti e agli altri interventi di spesa, è cruciale dare attuazione all’ambizioso programma di riforme, da troppo tempo attese, in esso contenuto”.
Immigrati e Demografia
Le fragilità riguardano la scarsa crescita dimensionale delle imprese e le condizioni dei lavoratori, appunto. “La quota di lavoratori con retribuzioni annue particolarmente basse – convenzionalmente inferiori al 60 per cento del valore mediano della distribuzione, pari oggi a 11.600 euro annui – è ancora salita, fino al 30 per cento, dal 25 degli ultimi anni del secolo scorso. Con la maggiore diffusione del lavoro temporaneo e di quello a tempo parziale è sensibilmente aumentato il numero di quanti oggi hanno un impiego solo per una parte dell’anno”. Mentre in prospettiva pesa il declino demografico. “Entro il 2040 la popolazione residente si dovrebbe ridurre di due milioni e mezzo di persone; quella tra i 15 e i 64 anni di oltre sei“. Serve quindi “oltre che un allungamento dell’età lavorativa, un aumento del saldo migratorio“.
Il Sistema bancario
Giudizio positivo ma con l’invito a non abbassare la guardia anche sul sistema bancario: “Nel suo insieme, il sistema si trova in condizioni sufficientemente buone. Lo scorso anno tutti i principali indicatori di bilancio si sono collocati su valori nell’aggregato soddisfacenti; in più casi sono migliorati. L’incidenza dello stock di crediti deteriorati si è mantenuta stabile, su valori modesti e ormai in linea con la media europea. La redditività, a lungo depressa dai bassi tassi di interesse e dalle elevate perdite sui prestiti, è salita in misura significativa, beneficiando dell’aumento del margine di interesse. È lievemente migliorata anche la posizione patrimoniale. Ma l’incertezza sulle prospettive economiche richiede prudenza“.